Accueil Bas de page Plan du site

Postscriptum n°28 - Il nuovo Zibaldone - Una société democratica, liberale e schiavista

Lien vers la version française : une société démocratique, libérale et esclavagiste

Capita, tutte le volte che ci si occupa di molti soggetti, di scoprire alla fine che non si é detto tutto e che, addirittura, in certi casi si é trascurato l’essenziale, o non si é abbastanza insistito. Questa pagina ha per fine di trattare questi diversi punti trascurati nelle pagine precedenti.

La sociétà schiavista

Sia in Francia che in Italia, delle società multinazionali gestite da accorti finanzieri, di più in più sovente in questi ultimi tempi, decidono di chiudere le loro attività in questi paesi per trasferirle in altri paesi, e questo al fine di massimizzare i loro guadagni. In questi casi ci pare utile di prendere in considerazione la posizione dei lavoratori privati occupati in queste attività.

Innanzitutto si deve rilevare che, essendo la proprietà di natura internazionale e avente attività in molteplici paesi, le armi utilizzate normalmente in simili casi dai lavoratori o quelle che si potrebbero ipotizzare da parte dello Stato al fine di costringere la proprietà a desistere dal chiudere, queste armi sono evidentemente inefficaci. I lavoratori privati sono alla mercè dei finanzieri.
Non esiste alcun equilibrio fra i poteri degli uni e degli altri.

A l’occasione di un trasferimento di una attività dalla Francia alla Polonia (affare Whirlpool), di fronte alle maestranze che protestavano e che richiedevano un intervento dello stato contro la società che effettuava il trasferimento al solo scopo di massimizzare i guadagni, il presidente Macron esorto’ i presenti a desistere da simili propositi, che avrebbero avuto come unico risultato di allontanare i finanzieri dalla Francia, ma piuttosto di ricercare degli stages atti a permettere un reinserimento in una attività lavorativa. Inoltre a quella occasione, degli organismi governativi francesi prospettarono l’ipotesi di una azione contro la Polonia nel quadro della comunità europea.

Per finire con questo episodio si deve aggiungere che nei casi in cui un gruppo di lavoratori perde il posto, quasi sempre lo Stato, in assenza di indennizzi da parte della società proprietaria, provvede con opportune disposizioni ad assicurare ai lavoratori disoccupati dei fondi atti a garantire loro una fonte di sostentamento. Detti fondi, in tutto o in parte, direttamente o indirettamente, sono forniti da altri lavoratori suscettibili anch’essi di ritrovarsi un giorno senza lavoro in situazioni della stessa natura. Si dà il caso che si chieda a dei lavoratori, possibili future vittime di simili processi, di caricarsi sulle spalle il fardello di provvedere al sostentamento di altri lavoratori vittime attuali di questi stessi processi. Il finanziere si preoccupa poco o punto di simili fastidiosi dettagli.

In altra pagina abbiamo scritto e qui ribadiamo che la disoccupazione é generatrice di gravi sofferenze e talvolta si termina tragicamente con dei suicidi. Suscita meraviglia constatare quanto poco importino simili sofferenze presso le élites dei paesi detti democratici e orgogliosamente liberali. Ai nostri giorni le sofferenze dei buoi, dei maiali e dei polli hanno fatto l’oggetto di leggi e regolamenti. Addirittura recentemente la Svizzera ha deciso di proibire l’uso di gettare le aragoste vive nell’acqua bollente. Tutte queste élites fanno certamente bene a preoccuparsi delle aragoste, magari pure dei gamberetti, ma che ne è degli esseri umani ?

In una società di uomini liberi non è concepibile che delle terze persone abbiano esse sole il diritto insindacabile di disporre di altre persone senza che queste, abbiano alcuna possibilità di opporsi. Cio’ puo’ accadere soltanto in una società schiavista. Nei confronti dello schiavo si puo’ pure manifestare umanità, comprensione e pure generosità ; ma resterà sempre uno schiavo.
Quel che differenzia un essere libero da uno schiavo è LA LIBERTA’. Che si debba subire, senza alcuna difesa, la volontà di terzi, oppressi dal bisogno o dalla forza bruta, in tutti i casi non si è liberi.

Non si creda poi che gli schiavi siano stati sempre considerati come semplice merce. Dice Amari nella sua Storia dei musulmani di Sicilia che Maometto affermava che il padrone che uccide un suo schiavo è passibile della pena di morte. Cosa ancor più sorprendente Maometto ipotizzava la possibilità per uno schiavo di riscattarsi con il suo lavoro, il che fa supporre che il profeta pensava che gli schiavi dovessero essere remunerati.

Se da un lato gli schiavi che lavoravano nelle miniere o nelle piantagioni erano considerati prodotti di consumo corrente e la loro breve vita era un puro inferno, d’altro lato altri schiavi godevano di un genere di vita migliore di quello di certi lavoratori del privato dei nostri giorni.
Nelle relazioni fra gli esseri umani, in una società di uomini liberi dovrebbe sempre esistere la possibilità, statuita dalle leggi, di resistere a chi tenta di disporre liberamente del proprio prossimo.

L’evidente disequilibrio dei poteri tra la finanza e i lavoratori del privato e le sofferenze di questi causate dalle decisioni inappellabili della stessa finanza internazionale definiscono una società umana schiavista, e nel caso del mondo occidentale, una società democratica (si deve supporre), liberale e schiavista.

Questa situazione, che a noi appare assolutamente evidente è altrettanto evidentemente ignorata dai massmedia e dalle élites che siano di destra, di centro o di sinistra. Dato che una giusta modestia ci impone di non cosiderarci gli scopritori di un fenomeno cosi’ evidente noi partiamo dalla fondatissima ipotesi che massmedia ed élites conoscano questi fatti pur ignorandoli ufficialmente : abbiamo dunque a che fare con una società umana liberale, democratica, schiavista e in cui regna sovrana l’ipocrisia.

Lasciamo per ora le élites e i massmedia dedicare una parte del loro tempo a commemorare le orrende epoche remote in cui l’umanità praticava la tratta degli schiavi e cerchiamo di ocuparci di problemi attuali che a noi sembrano seri.

La ricerca del massimo profitto non è peculiare degli uomini della finanza, ma è largamente praticata pure da noi, piccoli borghesi e dalla maggioranza dei cittadini. Se noi, popolo, nella nostra vita quotidiana siamo ben lungi dall’ottenere il massimo profitto nelle nostre azioni, cio’ lo si deve ben più ai nostri difetti e alla nostra incapacità che a un’ipotetico comportamento virtuoso.

Noi emettiamo l’ipotesi che questa ricerca del massimo profitto stia (ipotesi riduttiva) alla base della nostra attuale civilizzazione. La differenza fra un qualsiasi cittadino e un buon finanziere sta nel fatto che il cittadino cerca e il finanziere cerca e trova.

Se le élites non fanno niente contro questo fenomeno (fanno pure peggio di niente) é che non provano gusto a lottare contro i mulini a vento.

In questo genere di affari, peggio dei grandi capi sono, ben sovente, gli esecutori, spesso gente come noi, che « fanno il loro dovere » e che desiderano, come ognuno di noi, « meritarsi il pane che guadagnano ».

Ma i peggiori di tutti sono i cosiddetti "intellettuali" che, per servilismo, per disprezzo nei confronti del popolo o per qualche altra bruttura, sapendo, tacciono. Nelle questioni che concernono i costumi e la civilizzazione sono proprio gli intellettuali che dovrebbero intervenire e sono proprio loro i veri colpevoli per omissione.

Da un punto di vista più generale, confrontando l’attuale situazione con cio’ che accadeva or sono un paio di secoli, c’è da porsi la questione se veramente l’umanità avrebbe potuto fare a meno della tratta e dell’uso degli schiavi.

Noi, allo stato delle nostre conoscenze, non sappiamo determinare se la cessazione della tratta e dell’uso legale degli schiavi fu dovuta all’azione di persone virtuose o se fu dovuta a un fenomeno inevitabile in un mondo in piena evoluzione. In tutti i casi allora, come ai nostri giorni, fu ed è un preciso dovere di ogni essere umano battersi e cercare ogni mezzo per parvenire alla fine dello schiavismo, qualunque forma esso possa assumere nella nostra società.

Page précédente  Haut de page    Page suivante